
Piccoli e scuri
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali»
Fonte: Ottobre 1919. Dalla relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani.
Ballata dell’emigrazione
di Alberto d’Amico
Quel giorno che so' andato a settentrione
l'hai maledetto tanto, moglie mia
peggio però la disoccupazione
che dalla nostra terra non va via.
La Svizzera ci accoglie a braccia chiuse
ci mette un pane duro dentro in bocca
tre anni l'ho inghiottito 'sto paese
tre anni carcerato alle baracche.
Alla periferia in mezzo ai fossi
siamo quaranta uomini e una radio
se vado in centro a fare quattro passi
le strade sono piene, piene d'odio
Padroni sulla terra ci volete
per fare fame e fatiche tante
ma verrà il giorno che la pagherete
e che non partirà più un emigrante.
Solo andata
Notti su giorni cresce la luna, gonfia,
finito il cibo ci svuotiamo a bisbigli.
Non mettiamo a mare i morti, servono per la notte.
I loro corpi coprono dal freddo, il mare è senza mosche.
Le nostre facce sbiancano di notte, la febbre della sete,
all’alba lecchiamo la rugiada sulla tela, sul legno.
Ho lavato le croste di sangue dalla barca,
è una scodella pulita, noi siamo la pietanza.
Mani mi hanno afferrato, doganieri del nord,
guanti di plastica e maschera alla bocca.
Separano i morti dai vivi, ecco il raccolto del mare,
mille di noi rinchiusi in un posto da cento.
Sorvegliati da guardie, siamo colpevoli di viaggio.
È recinto e noi siamo bestiame.
Non siamo né da latte né da carne.
Ma siamo da lavoro. Non ci vogliono e basta.
Vogliono rimandarci, chiedono dove stavo prima,
quale posto lasciato alle spalle.
Mi giro di schiena, questo è tutto l’indietro che mi resta.
La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi,
nostra patria è una barca, un guscio aperto.
Potete respingere, non riportare indietro,
è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata.(Tratto da Racconto di uno, in ERRI DE LUCA, “Solo andata”).
Non piangere oi bella [Partono gli emigranti]
Di Alfredo Bandelli
Non piangere oi bella se devo partire,
se devo restare lontano da te,
non piangere oi bella, non piangere mai
che presto, vedrai, ritorno da te.
Addio alla mia terra, addio alla mia casa,
addio a tutto quello che lascio quaggiù;
o tornerò presto, o non tornerò mai,
soltanto il ricordo io porto con me.
Partono gli emigranti, partono per l'Europa
sotto lo sguardo della polizia;
partono gli emigranti, partono per l'Europa
i deportati della borghesia.
Non piangere oi bella, non so quanto tempo
io devo restare a sudare quaggiù;
le notti son lunghe, non passano mai
e non posso mai averti per me.
Soltanto fatica, violenza e razzismo
ma questa miseria più forza ci dà ;
e cresce la rabbia, e cresce la voglia la
voglia di avere il mondo per me.
Partono gli emigranti, partono per l'Europa
sotto lo sguardo della polizia;
partono gli emigranti, partono per l'Europa
i deportati della borghesia.
Maria
A Maria, l'immigrata dagli occhi diversi, hanno preso le impronte su un cuscinetto impregnato di inchiostro e lei si è sentita umiliata. Però, infondo, Maria sa che sentirsi umiliata è un pagamento in più per il pedaggio per attraversare da sud a nord,
o da est a ovest, non importa. Lei sa che attraversare con la mano macchiata è un "requisito di regolarizzazione", una "norma necessaria per la sua identificazione". Quello che gli altri non sanno, in realtà, è che ciò che identifica questa Maria venuta da tutti i continenti non sono le impronte della sua mano, ma quella delle sue DUE GRANDI PALLE, per usare il linguaggio maschilista degli uomini: Maria è stata abbandonata dal marito e, da sola, ha saputo crescere tutti i suoi figli Maria, in ogni caso, ha imparato alla perfezione la lingua nazionale e il dialetto del posto Maria ha terminato con successo l'Università, anche se non ha avuto successo 'ileI trovare un lavoro nella sua specializzazione Maria fa brillare pavimenti e vetri, facendo bene un lavoro che altri disprezzano Maria ogni notte salva dalla solitudine un'anziana che la famiglia ha abbandonato Maria ha perfino il tempo e la forza di partecipare alle associazioni che lottano contro i pedaggi dell'umiliazione. Al momento sarebbe impossibile prendere le impronte delle sue DUE GRANDI PALLE, perché, anche se Maria ha già attraversato tutte le frontiere per aria terra e mare, le sue "PALLE SONO COSI' GRANDI" che sono rimaste ancora impigliate nel Canale di Panama.
Io gli occhi non li abbasso
«Io gli occhi non li abbasso, e lui mi prende per i capelli, sono lunghi, non me li taglio da trenta giorni, sono un ottimo appiglio per un picchiatore, la testa sbatte contro il muro, una, due, tre volte, è come se la vista stesse per frantumarsi, poi mi sento trascinare di lato, mi sbatte sullo spigolo della porta, la fronte sembra tagliarsi, e ancora un colpo, il sangue pulsa, ancora un colpo, la pelle è aperta, il sangue cola sulla faccia, la mano che mi tiene mi solleva, smette, adesso smette, e invece no, mi prende di lato e mi sbatte ancora sullo spigolo, la pelle si apre sulla guancia, adesso basta, adesso è finita, la mano mi tiene meno stretta, mi gira la faccia, ho lo sguardo insanguinato e non vedo nulla, ha smesso, e invece non basta ancora, sento un colpo sulla faccia, è il manganello, e sento ancora sangue, sangue che mi cola sul mento, e una fitta di dolore nei denti, un dolore che invade tutto il corpo, mi percuote, sono annullato, annullato, non ci sono più adesso.»
«Ma loro ci sono ancora. E ancora calci e pugni, da Luca, il nipote di don Cesare, e Natascia, la sua compagna. Loro sì che sono una coppia affiatata, e poi mi passano ai carabinieri, e ancora calci e pugni, e don Cesare, Luca e Natascia restano a guardare.»
98 Lager Italiani
«Ci sono i miei amici, vicino a me, sono ammanettati, in mutande. Gli arrivano manganellate sulle gambe. I carabinieri si divertono. Don Cesare sputa in faccia a Salem. Poi lo costringe a ingoiare del maiale crudo, glielo infila in gola in cima a un manganello, sento gridare, "mangiate bastardi! Il Ramadan è finito! ". Ed è il turno di altri ancora, il maiale nella gola, le manganellate, gli insulti, le grida, il sangue sulla faccia.
«Poi non vedo più niente. Svengo.
«Sento un piede sul ginocchio. È un carabiniere, mi da la sveglia. Apro gli occhi, fatico ad aprirli, un dottore si china su di me, mi guarda in faccia. "Deve andare all'ospedale - dice. Non possiamo lasciarlo qua." Sento don Cesare che si oppone, "No - dice - curiamolo qui, cosa vuoi che sia." "È grave - ribadisce il dottore - deve andare all'ospedale." Don Cesare non è convinto. Mi lasciano lì ancora un'ora. Poi mi caricano su un'auto, e mi portano all'ospedale.»
Da “Lager Italiani” di Marco Rovelli
È giunta l’ora
Di Ezio Cuppone
Attacchiamo di santa ragione
questi ladroni, che sono i padroni.
Lotta emigrante e non ti fermare
lotta emigrante senza timor.
Se non c'è legge per noi emigranti
noi schiacceremo 'sti vili furfanti.
Lotta emigrante e non ti fermare
lotta emigrante senza timor.
E se loro ci fanno emigrare
però una casa ci devono dare.
Lotta emigrante e non ti fermare
lotta emigrante senza timor.
Se non è oggi sarà domani,
arriva l'ora dei proletari.
Lotta emigrante e non ti fermare
i tuoi diritti falli valere.
Son tanti anni che pago l'affitto
per quattro muri e un solo tetto.
La casa è un diritto per tutti,
se non ce la daranno l'andremo a occupà.
La casa è un diritto per tutti,
se non ce la daranno l'andremo a occupà
la casa è un diritto per tutti,
se non ce la daranno l'andremo a occupà.
 
 
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